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Attualità e Testimonianza con d.Giampietro 23/08/20
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Da "Corriere della Sera" di Venerdì 23 agosto 2020
Meeting, il ritorno di Carrón: il progresso e la scienza non ci danno tutte le risposte
Confermato nel marzo scorso presidente della Fraternità di Comunione e Liberazione per altri sei anni don Julián Carrón è tornato a parlare al Meeting. L’ultima volta nel 2018 aveva scelto come tema la figura di Giobbe, ieri il colloquio con Bernhard Scholz ha avuto due leit-motiv: la pandemia e la speranza. Come suo costume Carrón non ha inserito nelle risposte nessun richiamo alla politica, ha concesso solo una veloce citazione al discorso di Mario Draghi e ha scelto di misurarsi con il dolore, il senso del limite, l’imprigionamento ovvero
Abbiamo aiutato i giovani a tirare fuori tutte le loro risorse o abbiamo messo la paura nel loro sangue?
«La pandemia ha fatto venire a galla un nichilismo esistenziale inconfessato»
le domande generate dal lockdown. Fedele all’assunto che «ogni crisi è una provocazione» la novità che Carrón segnala è «il risveglio dell’umano», la tendenza che si è affermata in tutti noi di non cercare solo riparo sanitario per i corpi ma di mettere a nudo la nostra anima. «La pandemia ha fatto venire a galla una debolezza di autocoscienza, un nichilismo esistenziale inconfessato». Il risveglio dell’umano non avviene «nonostante le difficoltà» ma proprio perché sono sparite tante presunte sicurezze.
Guai però a confondere questo rinnovato umanesimo con una sorta di indistinto ottimismo. L’ottimismo — ha spiegato Carrón — è qualcosa di passeggero, basta un niente («un discorde accento» per dirla con il Leopardi caro a don Giussani) per farci ricadere nello sconforto. Non regge il confronto con le sfide che dobbiamo affrontare, in fondo è solo un surrogato della speranza che invece ha dalla sua altre fondamenta. Per sperare bisogna aver ricevuto una grande grazia, «un punto d’appoggio» capace di darci una positività indistruttibile ma la speranza la si può e deve ricercare anche nell’incontro, nella testimonianza, nel vissuto delle persone. L’imprevisto è una speranza, ha detto citando Montale.
Dopo la crisi del 2008, ha continuato Carrón, abbiamo cominciato ad accorgerci che il progresso economico non era inarrestabile, meccanico. «E ancor di più con il Covid». Lo stesso vale per la scienza (e forse anche per i virologi), avvertiamo chiaramente che non può fare a meno della responsabilità, «non possiamo affidarle il compimento delle nostre aspirazioni». Tradotto nella cronaca di questi giorni questo passaggio diventa un richiamo: non possiamo cavarcela confidando nel vaccino ma dobbiamo, in primis noi cattolici, dare continuità al risveglio dell’umano. E allora la sfida dell’autunno diventa la responsabilità degli adulti nei confronti dei giovani. «Li abbiamo aiutati a tirar fuori tutte le loro risorse o abbiamo messo la paura nel loro sangue?» si è chiesto Carrón , che ha ricordato più volte il dialogo con i suoi studenti. «Imparo tantissimo da loro». Infine il cristianesimo. Le polemiche dei mesi addietro non hanno risparmiato la Chiesa come se la promessa dell’aldilà l’avesse distolta dalle tremende sfide dell’aldiquà ma il teologo spagnolo ha replicato che il cristianesimo non è una sovrastruttura che si aggiunge alla vita dell’uomo ma una positività che si confronta con il reale, non lo rimuove. Tutto è vita. E anche il Meeting lo è. «Tanti pensavano che avremmo rinunciato a Rimini e invece siamo qui grazie alla speranza che ci muove».
Un mio commento ed una mia provocazione:
Dall'articolo si evince che la crisi attuale ci provoca al risveglio dell'uomo e questo nasce dalla scomparsa di presunte certezze sia nell'ambito economico e sia nell'ambito scientifico.
Il compito che viene affidato agli adulti verso le nuove generazioni è espresso nella domanda:
Abbiamo aiutato i giovani a tirar fuori tutte le loro risorse o abbiamo messo la paura nel loro sangue?